| Fonte: FB - Kansas City 1927 "Er tifoso romanista dei tifosi è sempre er più", cantava Lando Sinatra, e con tutto il rispetto per l'opera vendittiana che er core mezzo giallo e mezzo rosso pompar ci fa, poche frasi ce se appicciccano addosso come quella. Er più cosa non è fondamentale saperlo, qualsiasi aggettivo va bene, fate voi, ma quando a 50 gradi all'ombra e con una fresca eliminazione dall'Uefa sul groppone è sbucato Stekelenburg per scaldare braccia che poco je sarebbero servite, er boato der tifoso romanista s'è arzato, er peggio era alle spalle, la revoluciòm repartiva, er tifoso romanista, davero, de novo, una vez mas, se sentiva più er più che nunca.
Che poi l'asturiano a sto giro aveva fatto lo strano nei limiti, consapevole del fatto che a sto tifoso, ora come ora, basta che je metti er capitano in campo, poi coll'artri facesse il cazzo che je pare, tanto nun conoscemo nessuno, pe noi è uguale. Anche perché mo come mo annà a vedé la Roma, te dà la sensazione de essete imbucato alla festa tua, de girà pei corridoi de casa tua senza riconosce nessuno, e a vedelli che entrano e se scaldano è cosa che emoziona e stranisce, soprattutto quando capisci che quello ingobbito e sgraziato non po esse Gago, ma è ancora, inevitabilmente, impermeabile ad ogni rivoluzione, la bonanima de Simone Perrotta.
Ma va bene così, è il futuro che entra in casa, è la new economy, so gli spread che volano, e poi De Rossi ce sta ancora, nse sa pe quanto e a quanto, ma oggi gioca e tanto ce basta. Certo, Luigi Enrico se se po complicà le cose o fa, non è tipo che tira indietro la scucchia, motivo per cui na maja pe Rosi, uno che da 3 anni ogni volta che esce dar campo pensa che sia l'ultima che gioca co la Roma, nse sa come né perché, se rimedia sempre.
La partita inizia e la trama della tenzone è chiara: Cajari in 11 a proteggere la porta, Roma in 11 a guardare il Cajari che in 11 protegge la porta. Dalla prima mezz'ora si evince che:
- Pjanic è buon giocatore e gran paraculo. Non c'è passaggio del giovin slavo che non abbia Totti come destinatario, di petto, di tacco, no look no sense, sempre e comunque a Totti, che lui Totti conosce e je piacerebbe tanto diventare il nuovo Candela (colui che col capitano aveva un rapporto calcistico da Europride).
- Er Cipolla nse move. Il primo sms che ariva dice "Osvardo è mobile come Adriano", ove "mobile" non è inteso come aggettivo ma come libreria Expedit de Ikea Ecco, no, ancora no, non siamo a quei livelli. Er Cipolla nse move ma lo fa in maniera intelligente, che po sembrà strano ma invece un senso ce l'ha. Lui se fa pure trovà libero, poi però intruppa, scivola, credendo lui per primo che ce sia sempre quarcuno a tiraje i capelli impedendone i movimenti. Però è molto bello. Anche se il secondo sms che ariva dice: "Osvardo è na pippa". E vabbè.
- Heinze, ecco Heinze, non ha nessuna movenza del calciatore, ma neanche del calciatore rozzo e scarso, niente. Si muove male sempre, anche quando cammina, anche quando saluta, passi brevi, scattosi, improvvisi, e capello tanto antico da meritargli almeno un completo anni 70 a parte, con calzoncino inguinale e lacci sul collo. E però, Heinze è anche l'uomo che ogni volta che vede un altro uomo con la palla al piede, vede passarsi davanti tutta la propria vita fatta di fame, sete, sofferenza, ingiustizie, guerra e soprusi (dev'essere andata così, per forza), ragion per cui quella insaziabile voglia di sangue ritorna sempre, più forte che mai.
- Bojan è l'unico calciatore di serie A che non tocca mai la palla, il che può sembrare semplice, a volerlo, ma in un rettagolo di gioco, anche stando fermi, prima o poi succede che quel cuoio fastidioso ti sbatta addosso. A lui no. Fosse palla avvelenata, sarebbe il più forte. Il Macaulay culkin de Trigoria è a dir poco spaesato, e inizia a radicarsi il sospetto che Bojan l'aereo l'abbia perso veramente, e noi se stamo a incarognì su un sosia. Chiunque sia, per lui se prevedono tempi de ambientamento pari a quelli dell'essere umano sul pianeta Terra. Per ora stiamo ancora allo stadio invertebrati.
- Rosi è l'unico calciatore di serie A trattato dal proprio pubblico non come una sega ma come un imbecille.
Da un nostro compagno di spalti arrivano le due frasi che meglio sintetizzano i primi 45 minuti: "me sto a divertì come a na dimostrazione dela Folletto", seguita da "l'unico brivido ce l'ho avuto quanno er bibbitaro non me stava a dà e resto".
E tant'è.
Il secondo tempo però, è tutt'altra storia.Il chtiicaca pare ingranare ad una velocità utile a far sì che ogni tanto s'arrivi in porta, sempre e comunque senza segnare. Il possesso palla poi non ne parliamo, sale sale e non fa male, ma financo Rosi, per qualche minuto, pare utile alla causa. L'Olimpico ulula e striglia e quando Luigi Enrico leva Bojan pe mette Borriello di colpo diventiamo tutti asturiani, ogni polemica slovacca se spegne, anche perché Totti serve Borriello e un miracolo del portiere Azzaro ce strozza l'urlo in gola (scusate, st'immagine dell'urlo in gola strozzato me piaceva e la volevo usà, fa molto Ds). Insomma, vince diventa questione de minuti.Sì ma quanti? E soprattutto, pe chi?
Più o meno due, quelli che servono al migliore in campo fin lì, tal José Angel da Twitter (dove scrive na cifra) a fa due cazzate che manco Rosi ha condensato mai in così poco tempo.
Ci sono pochi mantra che dalla scuola calcio in poi tutti gli allenatore ripetono ai propri ragazzi. Uno di questi è: quando si rinvia la palla, mai al centro dell'area. Se poi al centro dell'area ce sta uno che ce odia manco fosse er fio de Chinaja, ecco, invece de rinvià al centro dell'area girate e tira direttamente sotto l'incrocio che fai prima, hai visto mai te sbagli e pigli la traversa. E' stato così, che quando s'eravamo scordati da dove venivamo e de chi eravamo figli, er fio ingrato ha ciabattato de stinco interno, stek s'è fatto nano e a palla è annata in buca.V per Vendetta ha esultato co la solita sobrietà e pacatezza, con quel riserbo e quella cortesia tipici de chi te sta pe piscià addosso dopo avette ammazzato de botte e buttato privo de sensi un fosso. Perchè Daniele non se l'è solo legata ar dito, s'è proprio fatto impiantà chirurgicamente una fune nella falange.E ancora una volta toccava fa la remuntada, l'ennesima.
José Angel da Twitter però è tipo che nse rassegna, e coll'ardore dei più giovani e dei più tonti s'è catapultato all'attacco, è entrato in area palla ar piede pe poi strascinallo alla ricerca de un rigore che non arivava e de un difensore che si bullava, graffiandolo a morte. Tanto è bastato a ricordacce che un giorno, hai visto mai uscissimo dalle secche de sta crisetta da età dello sviluppo, hai visto mai mandassimo a memoria il chiticaca e riuscissimo a somigliare al Barcellona B, insomma, quel giorno, comunque, un arbitro a cacacce er cazzo lo troveremo. Ma tanti e tali sono ora i problemi, che pure quell'espulsione non ci ha indignato più de tanto. Sticazzi. Calcio totale, remuntamo in 10.
A quer punto il chiticaca diventa caciara, er Capitano tira, Azzaro pare che para, comunque c'ha culo e a Osvardo je basta costringe navversario a svirgolà la palla pe mettese a aizzà er pubblico. "Pensa quanno segna che fa questo", se semo detti senza sperallo più de tanto.E quanno entra Borini, dicasi Borini, uno che fino a du giorni fa non l'avremmo trovato manco su Facebook, l'Olimpico esplode, e quello, pe riconoscenza, siccome è giovane e educato, alla prima palla che tocca fa gò, che viene annullato solo perché Heinze, senza avversari da disossare, aveva na frezza bionda in fuorigioco. Sai quelle cose belle che agli altri succedono sempre, tipo uno entra e segna? Tipo uno sconosciuto mai sentito mai visto prima mai coperto entra e segna? A noi mai, agli altri quasi sempre.
Ar Cajari, per esempio. El Kabir Bedi, per esempio. Che entra al minuto 86, e al minuto 90 pia la palla, tira, segna. Che ce vo.
E poi Totti ha tirato e De Rossi ha segnato. E solo a noi poi capità de segnà e vedé esultà gli altri. E solo a noi po capità de annà via dallo stadio chiedendoci: ma amo perso 2 a 0 o 2 a 1? No perché pare niente, ma invece è tutto. Se amo perso 2-1, non tutto è perduto. Da quell'inutile puntata de De Rossi se po ripartì. Da quel tardivo, inutile, beffardo, antico segnale de risveglio se po attinge speranza.
E pazienza se in tre partite amo fatto du go, e pazienza se a falli so stati Perrotta e De Rossi col contributo der Capitano, i novi ariveranno, prima o poi, pure loro, a dacce na mano.
E tanto l'amo capito che alla fine jamo fatto l'applauso, a quer paraculo lecchino de Pjanic che è venuto da solo verso la Sud, ma pure all'artri.
Perché la posesiòn del balòn è concetto pedagogico, materia nova e ostile. Stamo tutti a scola come fosse er primo giorno e non sarà un brutto voto preso mo a facce sartà l'anno.Tocca solo capì se semo ragazzi intelligenti che non se applicano o ragazzi tonti che se applicano.
Comunque semo i più.
So le 8, manca meno de un'ora all'inizio de sta partita che ormai più che un classico è una stimmata generazionale, quando vengono diramate le formazioni che vedono schierati Perrotta e Taddei come terzini. "Più che calcio, postmodernismo", pensano alcuni, "Porca troia", esclamano altri, "Ma che davero?" chiedono Perrotta e Taddei, "E noi?" se chiedono Cassetti e Heinze, "me sa che ormai m'hanno sgamato" sussurra Rosi. Ma tant'è, a noi le cose normali ce fanno ribrezzo, la revoluciòn è pane e sorpresa, a costo de sorprende pure chi deve scende in campo. E mentre il Barcellona A segna un gol ogni dieci minuti a qualche migliaio de chilometri de distanza, la succursale trigorica s'appresta ad affondar tacchetti nella fanga dell'agriturismo San Siro, co un Kjaer e un Borini de più e co un Osvaldo sempre lì, quindi, inesorabilmente, co uno de meno. Er pubblico d’ambedue s’apposta guardingo su spalti e decoder, l’Inte s'apposta guardinga in attesa, la Roma imposta guardinga er chiticaca che s'impone da sé, com’è naturale che sia. Anche perchè in mezzo a sto girotondo mò ce se trova pure Trottolino Pizarro, campione mondiale de giravolte da fermo e indubbiamente più funzionale al chiticaca di Brighi e Simplicio.
Ma a Milano cominciare bene per poi perdere e magari lamentasse dell'arbitro è tanto cassazione quanto roba da intercettazioni bruciate, grandi vecchi, escort insaziabili, poteri forti, dejadejadejavu che non muore mai. Quindi lì per lì ce dà quasi fastidio st'ostinata posesiòn del balòn, sto dominio immotivato, sta tigna pe recuperà il cuoio appena perso proprio come se se smaniasse dala voja de dimostrà che poi ce se saprebbe fa qualcosa, co quer cuoio balòn.
E però stavolta c'è algo de diverso.
Come madri preoccupate per i figli che fanno il saggio, come padri orgogliosi dei pischelli che stanno pe dimostrà finalmente a chi so figli, accompagnamo ogni passaggetto stronzo dei nostri con cenno assertivo del capo, ogni bruciore de pressing con un “ooo” da fuochi d'artificio a feragosto. E quando er senso dela famiglia è così forte, tanto forte agli occhi der monnonfame che pure magnasse na pizza insieme diventa na notizia, chi tocca i figli se la rischia.
"Apezzodemmmerdassassininfame" urlamo in coro da un colle all'artro dela città quando Lucio, uno de cui già avevamo predetto l'inevitabile nella scheda pre partita, uno che nel nome de Cristo gioca in perenne crociata sui crociati degli infedeli, se ne frega del sacrale rispetto che si deve ad un portiere in uscita, e invece de zompà je stampa no scarpino sulla tempia, battezzandoje la recchia sorda con intervento da otorinolaringoiatria d'urto. E se è vero che pe fa er portiere devi esse pazzo, se pigli na scarpata in testa de certo nte miora la situazione. Il guardiano del tempio, da professionista serio quale solo gli olandesi e i sordi da na recchia sanno esse, prima de svenì se guarda intorno a cercà sto cazzo de balòn. Rassicuratosi, s’avvita e muore come un tulipano strappato alla sua terra.
"E' sempre lui, espurgilo a quer pezzodemmerda, è sempre lui", urla er tifoso romanista ancora poco avvezzo a quei dettami der progetto che non voglion proteste neanche se te sacrificano ner nome deddio. Ma siccome er calcio è scienza inesatta, l'arbitro sancisce che Lucio ja preso sì la testa ma non je la voleva spaccà, non der tutto armeno, solo mpochetto, quindi rosso è troppo, famo giallo e nse ne parli più. E però, a ben vedere, ce stavamo a ricascà. Giocavamo bene, ancora non perdevamo, ma già se stavamo a lamentà dell'arbitro. Così non va.
E allora via. Via da vecchi costumi e lamentele. E via pure dai vecchi pregiudizi verso quel calvo pallavolista incastonato tra pali e traversa che ha conquistato la Romania a colpi de baker. Non ne bloccherà una pe tutta la partita, perché lui è fatto così, portiere anni 70, forse pure 60, brutto a vedesse (sempre) eppur efficace (random). Il fatto de non falla entrà, ricordando le sculate gesta de Lupatelli, artra mezza sega calva che restando inviolata per svariate partite divenne Campione d’Italia, è amuleto non da poco.
Ma se la palla non entra manco con Lobont, buona parte der merito va alle divinità nordiche tutte, co un occhio de riguardo pe Odino che c’ha mannato er fio Thor detto Kjaer in mezzo alla difesa. “Chi è Kjaer?” ci chiedevamo battezzandolo Loria biondo per colpa di Youtube. “Kjaer!” rispondiamo guardandolo ligio come un Mexes senza mestruazioni. “Sì ma chi è Kjaer?” “Kjaer!, rispondiamo mentre Stek esce in barella e intorno al danese non resta traccia di anglofonia (che loro hanno i film coi sottotitoli e imparano l’inglese da piccoli e noi no e i negri c’hanno il ritmo nel sangue). “Chi è che gioca in prima base?”, cazzeggiamo mentre questo, pur con inguardabile elastichetto che se vede che i metrosexual so arivati pure tra i freak di Christiania, chiude, anticipa, pressa e svetta con albina precisione.
“No pasaran!” si esalta Luigi Enrico dall’iberica panca. “Sì ma leva Osvardo!” risponde idealmente la grande famiglia giallorossa.
Che lì davanti qualcosa se move pure, ma è quasi esclusivamente Borini, che vòi pe l’areodinamica da Formula uno garantita dalla nasca, vòi pe l’innata tigna, vòi soprattutto perché quando c’hai 19 anni, a meno che tu non giochi a golf o non te chiami Menez, nello sport se nota, mozzica ogni pallone e pare pericoloso pure quando non fa un cazzo. Quando poi er pericolo se concretizza, che soo dimo a fà, Giulio Cesare se riscopre imperatore dei pali e vola a levà la palla dalla rete e la mano dalla bocca al mordace pischello.
L’Inte, dar canto suo, s’affida a Nagatomo, il quale s’affida a Taddei, il quale smadonnando Luigi Enrico e la dea della duttilità in campo, se chiede: “Ma possibile che proprio oggi che gioco io se divertono tutti tranne me?”. E il bello è che a pensacce bene, con l’eccezione di De Rossi che gioca ogni pallone pensando alla risposta da dà al prossimo de Sky che je chiederà se ha firmato, de Borini che gioca con la voja de vive tipica der miracolato e de Kjaer che pare sempre a un niente dall’ordinare ai sottoposti il passo dell’oca, gli altri non stanno a fa niente di clamoroso. Totti, addirittura, sbaglia i passaggi proprio come li sbaglierebbe na punta da 200 gol che se mettesse a fa er centrocampista tuttofare alla sua età.
Eppure, all’intervallo siamo contenti.
“Se giocamo così le potemo pure perde tutte” se dimo smozzicando bistecche e arrosticini come fossimo Carnivori giocatori in crisi de risultati. “Le potemo pure perde tutte, nce ne frega gnente”, se dimo cor cervello plagiato dar progetto. “Tutte, tutte”, ribadimo da fondamentalisti decoubertiniani, mentre i nostri rientrano in campo co la faccia de chi ormai è convinto che il calcio abbia cambiato regole, preferenze, strumenti, opzioni, cancella cronologia. Perché la sensazione comune a tifosi e giocatori è che segnà, tutto sommato, sia un di più. Quel che conta non è fa gò, ma dà la sensazione de potello fa. E niente più dela posesiòn del balòn te ce fa crede così tanto. Tirà in porta è roba da anticaje e petrella, gesto vintage, reperto da rigattiere, mpo grammofono mpo telefono a gettoni. Er gò. Nostalgia canaglia.
Eppure, beata anacronistica ignoranza, ce sta uno che er gò lo desidera più de ogni altra cosa ar monno, precisamente er gò suo nella porta nostra. Dopo du anni passati a riguardasse su Youtube quello che c’aveva fatto a no sciagurato derby, lo spettinato ad arte Zarate vorebbe tanto riprovà quella gioia, mentre la nostra è già a livelli accettabili quando vediamo che Gasperini, che dio ce lo conservi, lo preferisce a un Pazzini imbullonato in poltrona.
Maurito L’Oreal guizza e scatta con ritrovata verve, si danna, s’accentra, si prepara e si coordina, sfoggiando tutto il suo repertorio di repentini cambi di direzione e invidiabili parabole arcuate che puntualmente non servono a un cazzo. E ogni volta che le laziali vedove di Maurito stan per esultare cor ditino infame pronto sui cellulari e sui profili de Facebook, si ritrovano come lui: mano nei capelli e sul volto, occhi chiusi per la disperazione e il troppo gel colato dai capelli al volto, che il sudòr non è mero fattore liquido, e devi sapello gestì.
Poi esce Pizarro ed entra Gago; quindi esce Borini ed entra Borriello, ma siccome resta Er Cipolla, si capisce che er gò non è priorità, e per le ragioni accennate poco fa, a noi poco ce cambia, anzi.
In compenso la posesiòn non è più così possessiva e tutto lascia presagire che er destino cinico e interista se stia pe profilà; dopo na partita gajarda e tosta stamo solo a cercà de capì quanto grossa, immeritata e dolorosa sarà la beffa.
Ma a quer punto s’abbatte definitivo sur Meazza il fattore Gasperini, nel senso che uno che pe vince leva Forlan pe mette Muntari, er dubbio che er lavoro suo sia in fattoria te lo fa venì. E si rivela inutile anche il tentativo di eliminare il migliore in campo con colpi che non se vedevano manco a Guantanamo nell’era Bush, co un De Rossi che, dopo aver suscitato unanime, trasversale, universale, virile solidarietà, se rialza sbattendo i tacchi a gridar “La stirpe è salva!”. Allora vordì che il progetto c’è, che il futuro è assicurato e il passato non fa più paura, definitivamente, quanno ar minuto 86 er fiordo danese disimpegna de tacco su Snaidero che a botta sicura ridisimpegna sull’ariano stinco cor laccetto, o al minuto 90+3, quando Burdisso sbraga sullo Snaidero de cui sopra e Mazzoleni, in barba ad una tradizione arbitrale sansirina che ha visto sanzionare molto meno, lascia correre, fino al fischio finale.
E allora corriamo e gioiamo come na scolaresca in pizzeria, adelante con juicio, tutti uniti, mano nella mano, co un punto in classifica e mpaio sur capoccione orange.
E allora adelante adelante che il destino è distante ma al volante c'è un uomo ai margini della cui scucchia un soriso finalmente s’affaccia a pronunciar la via, verso l’ignota dimensione spaziotemporale dove, a costo de perde sto balòn per qualche secondo, qualcuno farà gò.
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